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Arturo HOTZ
Università di Berna
L'ALTA SCUOLA DEL "COACHING" IN ALLENAMENTO ED IN COMPETIZIONE
IL SIGNIFICATO DEL COACHING
Il
compito del coaching consiste innanzitutto
nell'incrementare la prestazione individuale e nell'ottimizzare la prestazione
di una squadra. Sulla base di tale definizione non
esistono differenze di rilievo tra l'allenamento ed il coaching; tuttavia in
senso stretto il coaching concerne l'ambito direttamente
legato alla competizione, solo in senso lato abbraccia anche settori parziali
dell'allenamento:
·
prima della competizione è necessario creare, grazie a
condizioni incentivanti per la prestazione oppure condizioni scelte o
modificate in maniera mirata, quelle premesse che consentono il massimo
sviluppo prestativo del singolo;
·
il coaching durante la competizione è da concepire
quale misura di assistenza orientata verso il fare oppure il tralasciare -
anche in condizioni di gara sfavorevoli - ciò che più contribuisce alla
migliore estrinsecazione individuale della prestazione.
In linea di principio si constata inoltre che l'allenamento mira essenzialmente
allo sviluppo prestativo, mentre un
buon coaching dovrebbe permettere l'ottima estrinsecazione
prestativa.
Il coaching in senso lato rappresenta quindi una componente integrante dell'allenamento e della competizione. Nell'ambito del coaching sono da classificare tutte le misure che contribuiscono in maniera decisiva all'ottimizzazione della prestazione in allenamento e competizione.
SVILUPPARE DA UN LATO, ESTRINSECARE DALL'ALTRO
L'allenatore
ed il coach sono, nella loro collaborazione con gli
atleti, l'anello di congiunzione tra valore effettivo e valore di riferimento. Nonostante i numerosi elementi comuni, le loro attività si
differenziano notevolmente secondo la specialità e la situazione. Gli
allenatori sono soprattutto responsabili per l'organizzazione dell'allenamento,
ovvero per la pianificazione, l'esecuzione,
l'assistenza e la rielaborazione di un mirato processo di allenamento. Tale
processo di formazione mira a raggiungere, con metodi e mezzi impostati
individualmente, un determinato stato di riferimento che generalmente è legato
alle competizioni. In questo senso la funzione principale dell'allenamento
consiste nello sviluppo della prestazione e comprende inoltre, ad esempio nella
fase di rielaborazione, l'elaborazione delle riuscite e dei fallimenti.
I coach hanno invece l'ambizioso compito di portare ad estrinsecazione, il giorno X, il potenziale prestativo latente degli atleti o addirittura di fare in modo che gli stessi superino i propri limiti. Il coaching deve quindi avere inizio in allenamento, poiché un potenziale può essere estrinsecato solo se sviluppato in precedenza.
Il compito del coach - e spesso anche la sua difficoltà - è
pertanto individuare tempestivamente quali elementi, quando, per chi ed in
quale forma devono essere stabilizzati, potrebbero
essere modificati o dovrebbero essere applicati con successo. |
Allenatore e coach sono insieme spronati a
tradurre in realtà le loro nozioni di orientamento; entrambi dovrebbero
dimostrare un'ottima preparazione psico - pedagogica,
ma ciò che conta è soprattutto la loro capacità di implementare conoscenze di
base tratte dalla teoria. In questo ambito si richiede
il seguente profilo di competenze:
·
un buon coach è innanzitutto un esperto
specializzato in una disciplina che si aggiorna regolarmente, dimostra, nello
scambio delle esperienze, capacità pratiche e si orienta secondo lo stato
attuale della scienza dell'allenamento;
·
un buon coach è anche un esperto dal punto di vista
pedagogico e psicologico che dispone di qualità interpersonali (volte
all'assistenza) differenziate e superiori alla media; spesso nelle situazioni
difficili il coach affronta determinati rischi ed è in grado, nell'ambito della
propria competenza, anche di automotivarsi. Inoltre egli sa come gestire la sua
alta responsabilità etica;
·
un buon coach è anche uno specialista
didattico-metodico che dimostra una competenza arricchita dalla riflessione e
dall'esperienza nella trasmissione dei contenuti di apprendimento e pragmatici.
Per ciò che concerne la guida degli individui, grazie alla struttura della sua
personalità il coach presenta molti caratteri ideali.
A QUALI
DOMANDE UN BUON COACH DOVREBBE SAPER DARE UNA AUTOREVOLE RISPOSTA?
1.
Di quali informazioni determinanti per il
processo necessitano gli atleti in linea di principio ed in relazione alla
situazione attuale, per poter estrinsecare in maniera ottimale il loro
potenziale prestativo?
2.
Quali condizioni richiedono informazioni modificate, in che misura
e per quale tipo di individuo in formazione?
3.
Quando è necessario trasmettere e dosare quali informazioni, in
modo che esse, al di là della loro giustificazione
scientifica di allenamento, assumano rilevanza ai fini dell'apprendimento
individuale, nonché efficacia pratica?
4.
In quali misure di accompagnamento deve
essere infine integrata la preparazione per rendere più probabile il successo?
Nel coaching si va quindi oltre il riconoscere la sostanza essenziale
dell'informazione in un determinato contesto; va
sempre considerata anche la scelta del momento più favorevole (ad esempio la
scelta della pausa nelle diverse discipline di gioco) ed una presentazione e
trasmissione ben dosata.
Il
coaching diventa quindi, in misura sempre più decisiva, una forma metodica di
comunicazione tra gli atleti (oppure la squadra) ed il coach. L'obiettivo di
tale collaborazione è il raggiungimento di un positivo
effetto sinergico:
·
il coaching quale contributo per l'adattamento
individuale alle condizioni situazionali della competizione;
·
il coaching quale contributo all'ottimizzazione
della presentazione prestativa individuale durante la competizione.
L'ASPETTO LEGATO AL PRODOTTO
Il
coaching, tradizionalmente al servizio della estrinsecazione
prestativa individuale, rappresenta un'ottimizzazione del prodotto. Di
conseguenza Il coach si definisce, purtroppo anche troppo spesso, attraverso la
prestazione dell'atleta che assume pertanto il ruolo del produttore della
prestazione.
L'ASPETTO LEGATO AL PROCESSO
Sulla base di un quadro umanistico, allenamento e coaching si
svolgono in un dialogo amichevole che al contempo diviene una sfida pedagogica.
Il coach interessato alla crescita olistica dell'individuo è orientato verso il
concetto primario di "maturità" ed accompagna l'atleta nella sua
ricerca dei limiti della capacità prestativa, per i quali egli è in grado di
rispondere nelle situazioni estreme. In questo senso il coaching può essere
inteso, quale sostegno appositamente dosato per un autoaiuto responsabile: il
coaching diviene pertanto un contributo d'affiancamento per un processo di
crescita che va al di là dello sport. Una maggiore
autonomia, una migliore autoefficacia e la relativa sensazione di competenza
sono le colonne portanti del divenire maturi.
"L'atleta maturo" (confronta LENK 1989) assume sempre più il ruolo di
coach di se stesso e di chairman autoresponsabile.
Un
velocista, campione europeo dei 200m, dichiarò in
un'occasione che il fascino dell'allenamento e della competizione consiste
"nel raggiungere uno stato nel quale la mente è in grado di dominare
completamente il corpo" e "avvicinarsi sempre più ai limiti della
propria intelligenza (....), cercando in tutti gli attimi di analizzare
mentalmente i gesti sportivi" (CLERC 1991,168 f).
In questo contesto si differenziano i seguenti ambiti:
1.
Una componente prevalentemente educativa a
livello generale, che si pone quali obiettivi l'incentivazione ed il
mantenimento della salute, la promozione della gioia di vivere e di un
comportamento leale anche verso il prossimo e l'ambiente (KUNZ 1995).
2.
Una componente prevalentemente pedagogica
che mira ad uno sviluppo della personalità individuale, orientato verso la
crescita (maturità e autoefficacia) dell'atleta (confronta KIM 1995, ed anche
KURZ 1998).
3. Una componente prevalentemente orientata verso la prestazione, che mira ad un'ottimizzazione del risultato di competizione sulla base dei criteri della scienza dell'allenamento.
Informazione:
OBIETTIVI DEL COACHING |
I DUE OBIETTIVI DEL COACHING
1. Il coaching mira ad un rafforzamento
del comportamento volto al successo ("stabilizzazione
del comportamento")
2. Il coaching mira ad una "guida e
ad una modifica del comportamento" concertate individualmente |
LA DIFFERENZA TRA COACHING
E ALLENAMENTO
Chi
si allena in maniera ottimale si orienta verso un
piano di allenamento impostato individualmente ed è quindi in grado, nel
periodo più redditizio per l'apprendimento, di porre gli accenti più efficaci
relativi al carico ed al recupero.
Le esperienze individuali e la biografia di apprendimento orientate verso il profilo di competenze specifico di disciplina, sono considerate quale approccio per integrare, nell'organizzazione dell'allenamento, le conoscenze scientifiche ed i valori ottenuti grazie all'esperienza individuale.
La sfida principale per gli allenatori, nel loro difficile
percorso nell'ambito dello sport agonistico, consiste
nell'intuire, oppure scoprire in qualsiasi altro modo, la miglior misura
in tutte le situazioni ai fini della pianificazione e della realizzazione. |
Un
coaching ottimale consiste invece nel trasmettere gli
impulsi individuali più efficaci ai fini della massima estrinsecazione
prestativa. Concretamente ciò significa che un buon coach crea premesse e condizioni adeguate, mette a disposizione i mezzi
più appropriati, applicando e realizzando con successo misure efficaci. Tale
profilo di competenze non si riferisce solamente al coaching diretto effettuato
in competizione, bensì anche alla rielaborazione delle competizioni
(ad esempio in caso di sconfitta), quale preparazione per il successivo apice
prestativo.
L'insieme di tali misure mira al massimo sviluppo e miglioramento della prestazione in allenamento, mentre in competizione l'obiettivo posto è la realizzazione di successo di tale potenziale.
Il coaching ottimale inizia quindi
in allenamento e comprende tutto ciò che è possibile fare o tralasciare in
maniera mirata per porre gli atleti in grado di estrinsecare effettivamente
in competizione il patrimonio prestativo sviluppato in allenamento, di
trasformarlo pertanto in prestazione. |
Solo
se adeguate misure di coaching e metodi comportamentali scelti sono preparati
durante l'allenamento sulla base di situazioni
modellate e stabilizzati per essere richiamati in maniera variabile, il
coaching volto alla competizione può essere inteso quale "arte
dell'estrinsecazione prestativa al momento appropriato" ed essere
applicato con successo.
AL MOMENTO
"GIUSTO" IN "GIUSTA" FORMA
Nell'attività
agonistica essere in forma al momento giusto caratterizza un aspetto centrale
del pensiero ideale. Il coaching può essere quindi anche descritto quale azione
ad ampio raggio che si pone quale obiettivo l'ottenimento della forma ottimale per la competizione. Per il coach ciò
significa trarre insieme agli atleti, nella relativa situazione di gara,
l'ottimo senza ulteriori allenamenti. Oppure, in altre
parole, gli atleti dovrebbero in allenamento acquisire l'abilità di
trasformare, anche in condizioni di gara sfavorevoli, le loro abilità in una
prestazione che assicuri il successo, in base a:
·
una mirata preparazione ad ampio raggio;
·
una valutazione realistica della situazione e di se
stessi;
·
una sicurezza derivante da una duratura sensazione
di competenza e di autostima.
Su
questa base il coaching rappresenta un'influenza mirata sulla disponibilità
individuale alla prestazione, nonché
sull'estrinsecazione del patrimonio prestativo (vedi precedente finestra info).
Per
l'allenamento come anche per il coaching di successo sono sempre necessarie
opportune premesse ai fini di una collaborazione incentivante per la
prestazione ovvero:
·
fiducia reciproca;
·
capacità empatiche da entrambe le parti;
·
rispetto e tolleranza per l'altro;
· comprensione (che non significa essere d'accordo su tutto).
Informazione:
AUTOCOACHING |
ESEMPI DI AUTOCOACHING
|
IL COACHING QUALE GUIDA
DEL COMPORTAMENTO
Nel
coaching inteso quale misura mirata per la guida del comportamento, deve essere
considerata anche la complessa esperienza dell'atleta, ricca di diversi aspetti.
Il comportamento e l'esperienza sono ambiti dell'individuo da osservare,
analizzare e discutere in maniera sistematica.
Sulla
base della specifica situazione di allenamento, la
percezione, la sensibilità ed il pensiero dell'atleta devono essere rilevati in
maniera empatica ed adeguatamente considerati. Attraverso la relativa
trasmissione delle informazioni, il coaching diventa una guida mirata del
comportamento. In questo contesto trovano utilizzo:
·
appelli verbali;
·
istruzioni;
·
richiamo individuale dell'attenzione;
·
misure indirette (ad. es.
definizione dei compiti stabilita individualmente).
Tuttavia
come agisce l'allenatore? Con un appello o con il silenzio? Alla luce di questo
punto concreto si evidenzia che anche per tale settore di interazione
non vi sono ricette. Può giovare presentare delle alternative
oppure indicare determinate "strutture di pensiero quali: se
farai.............succederà............" per stabilire dei criteri.
Come
in ogni altro settore pedagogico, la funzione puramente intervenzionistica del
coaching diminuisce nel corso del processo; ciò significa che a scapito di una
guida dettata dall'esterno, l'allenatore sceglie maggiori misure di assistenza indirette, quali ad esempio il dialogo.
In
linea di massima il coach, in presenza di una duratura
collaborazione, diventa spesso una persona di riferimento anche nel settore
extra-sportivo. Tuttavia proprio nell'ambito di tale sviluppo può accadere che
l'efficienza, soprattutto del coaching in competizione, ne risenta.
Svincolato dagli intenti competitivi, il compito pedagogico del coach resta comunque indiscusso. Agli atleti devono essere forniti gli strumenti utili all'autoriflessione. Tale processo anche se spesso dispendioso dal punto di vista temporale porta alla fine ad un competente autocoaching (vedi anche finestra info).
Ogni atleta è il coach di se stesso! |
IL COACHING AL SERVIZIO
DELLA STABILIZZAZIONE EMOTIVA
L'individuo maturo si contraddistingue
generalmente per la stabile fiducia in se stesso, anche nelle situazioni di gara.
In mancanza di fiducia in se stessi non è possibile trovare una strategia ottimale per la risoluzione del problema:
"anche nelle situazioni sfavorevoli o cariche di difficoltà,
voglio e sono in grado di trasformare con successo in prestazione il potenziale
da me elaborato!"
L'autonomia sviluppata anche attraverso abilità
psicoregolative richiede, quale competenza di entrambe
le parti, una buona capacità di giudizio realistico della situazione e di
autovalutazione; nel corso del processo, gli atleti devono essere
sensibilizzati in questo ambito.
L'obiettivo di un
qualsiasi processo educativo è l'autonomia. L'autocoaching rappresenta dunque una
prospettiva pedagogica ai fini della quale il coach si limita ad assumere la
funzione di consulente che esplicherà con sensibilità
ed in maniera mirata. Da questo punto di vista l'autocoaching può essere
caratterizzato come segue:
·
sviluppo del pensiero psicologico: tempestiva
comprensione dei fenomeni, delle componenti della prestazione, nonché dei
fattori di influenza che determinano il processo. Importante in questo ambito è ad esempio il riconoscimento delle relazioni
tra tutti i tipi di meccanismi psichici relativi a se stessi ed al diretto
ambiente sociale;
·
sviluppo dell'empatia vista come una sensazione in
espansione: comprensione consapevole dei processi interattivi ed
approfondimento mirato di concetti propri;
·
miglioramento delle nozioni di
coaching e della capacità di applicazione delle stesse; utilizzo consapevole e
mirato di conoscenze pragmatiche rilevanti ai fini dell'allenamento e della
competizione;
·
ottimizzazione di una competenza
differenziata di autoriflessione: valutazione critica della situazione ai fini
della risoluzione dei problemi;
·
sviluppo della competenza comunicativa:
miglioramento della chiarezza e della comprensibilità nell'espressione
linguistica anche nell'approccio con i media.
IL COACHING QUALE
CONSULENZA AD AMPIO RAGGIO
Da un punto di vista diverso il coaching può
essere anche inteso quale rielaborazione mirata della competizione,
comprendente una consulenza tecnica legata alla carriera sportiva ed
addirittura una consulenza per la vita che trascende dall'ambito sportivo. In questo senso KUNZ (1995) interpreta il coaching quale termine
generico intendendo qualcosa di più di una consulenza: egli differenzia la sua
"assistenza agli atleti" in cinque funzioni principali:
1.
assistenza pedagogica;
2.
assistenza atletica;
3.
assistenza psicologica;
4.
assistenza nell'ambito sociale;
5.
assistenza nell'ambito della medicina applicata allo
sport.
Nel quadro delle suddette funzioni
principali, KUNZ pone accenti adeguati alla situazione, quali ad esempio
l'assistenza pedagogica, lo sviluppo delle "prime forme di base e la
giusta introduzione dei punti centrali del movimento sin dalla fase
iniziale" nel quadro dell'assistenza atletica; oppure il "contatto
con genitori, scuola, azienda" nel quadro dell'assistenza nell'ambito
sociale.
Un'offerta può essere utilizzata o meno, sicuramente anche discussa e valutata, relativizzata
e modificata; tuttavia in primo luogo la consulenza non rappresenta un obbligo
vincolante.
Intervenire e valutare rivestono, nel linguaggio
comune, un carattere più definitivo forse anche più autoritario e nel loro
effetto sono maggiormente coerenti e determinanti
(vedi sotto). Nel quadro di un incrementato processo
di maturità dell'atleta, la consulenza assume maggiore significato, al
contrario l'assistenza ed in parte anche la valutazione perdono il loro valore
posizionale.
Al contrario, di fronte ad un'urgente richiesta di azione ed in caso di necessario intervento da parte del
coach sulla base della valutazione complessiva della situazione, l'intervento e
la valutazione riguadagnano nuovamente la priorità. In generale tali misure
intervenzionistiche sono sempre necessarie quando gli
atleti, per un qualsiasi motivo, non sono (più) in grado di "controllare i
comandi" autonomamente.
FORME DI DIALOGO
La consulenza
nel concetto comune sembra destare l'impressione di essere la forma di dialogo
più equa nel partenariato tra atleta ed allenatore.
L'assistenza
ha già in sé un carattere assistenzialistico e quindi squilibrato, che inoltre
potrebbe esprimere una certa sottomissione a tutela.
Nell'intervento è possibile riconoscere un'azione di impronta militare, che guida gli atleti in maniera autoritaria, rischiando però di interrompere il dialogo amichevole. Tuttavia vi sono atleti che sono grati o che addirittura desiderano tale tipo di guida. Con una guida dettata da terzi la pressione esterna diviene esistenziale e provoca reazioni, che hanno effetto solamente in situazioni di sofferenza generata da pressione. Inoltre tale tipo di atleta non ha bisogno di decidere tra possibili alternative ed ha quindi la possibilità di risparmiare energia.
I coach con un tipo di guida autoritaria gradiscono una certa
dipendenza da parte degli atleti. Per questo tipo di allenatori
perfino una matura autonomia degli atleti può divenire una minaccia per
l'estrinsecazione del potere. |
Valutare è innanzitutto
l'espressione di un giudizio: attraverso valutazioni mirate ed anche manipolate
è possibile scatenare emozioni negative che spingono direttamente all'azione e
pertanto sono utilizzate consapevolmente dagli allenatori quali misure di
coaching nel senso (non etico): "il fine giustifica i mezzi".
Nel significato neutro della parola intervenire
ha prevalentemente carattere di termine generico poiché sia la consulenza che l'assistenza e la valutazione rappresentano degli
interventi, delle ingerenze, sebbene abbiano accenti diversi. L'intervento può
essere effettuato ai fini dell'estrinsecazione della
prestazione (aspetto legato al prodotto), come anche sotto forma di contributo
pedagogico-costruttivo per l'incremento dell'autoefficenza (aspetto educativo).
NOZIONI DI ORIENTAMENTO
·
Quali differenze fondamentali sono da considerare nel coaching
rivolto a bambini, ragazzi ed adulti (anche specifiche rispetto al sesso)?
·
In linea di principio oppure in relazione a
situazioni particolari, quali sono le particolarità che caratterizzano il
talento ad esempio nel settore energetico-condizionale oppure
tecnico-coordinativo?
·
Chi può ed in che misura essere sottoposto a carichi? Come
reagiscono gli individui giovani in situazioni di stress ed in altre situazioni di competizione gravose per la prestazione?
·
Quali valori, motivi come anche interessi ed obiettivi guidano gli
atleti in linea di principio ed anche in relazione alla
situazione, quali sono le relazioni date da età e contesto familiare e sociale?
·
Quali strategie di imposizione nei
confronti di quale tipo di avversario sono richieste in linea di principio ed
in relazione alla situazione?
·
Quali influenze esterne allo sport sono da considerare nella
pianificazione e nell'assistenza? Chi reagisce quando, come e con quale modello
comportamentale alle componenti situazionali?
·
Quale è il limite individuale di sofferenza generata
dalla pressione e di tolleranza alla frustrazione. Gli atleti percepiscono tali
momenti sicuramente gravosi per l'esistenza in maniera differente secondo il
sesso, l'età e/o lo stato di allenamento e la forma
giornaliera? Come li affrontano e con quale repertorio comportamentale?
Chi considera le sopramenzionate questioni, disponendo quindi di adeguate nozioni di orientamento, è tenuto a riflettere su quali e quante informazioni utilizzare oppure trattenere in maniera mirata, in quale momento, per chi ed in che misura.
Un coaching
ottimale richiede una personalità matura e padrona di sé che dispone
di ampie nozioni di orientamento. |
IL COACHING QUALE FEED BACK ED IMPULSO
VOLTO ALLA CORREZIONE
L'aspetto del correggere concerne il settore di interazione feed-back; chi necessita di che tipo ed in
che misura di feed-back?
La letteratura riguardante la
correzione ed il feed back è estremamente frammentaria; chi desidera ottenere
una buona panoramica generale può rifarsi a MECHLING (1986). Al più tardi
nell'ambito della correzione e della trasmissione del feed-back, si evidenzia
in che misura il coaching debba essere considerato ed analizzato quale forma
interattiva di azione e comunicazione con un notevole
significato sociale: " Importanza centrale riveste la questione della
comprensione reciproca" (DIGEL 1992, 240):
·
considerazione dei segni ai quali viene
attribuito un significato ovvero dei simboli legati ad una lingua;
·
tutti i partners della comunicazione sono tenuti a
parlare una stessa lingua;
·
una comunicazione efficace deve sottostare a
determinate regole; tuttavia ciò "funziona" solo se la stessa è
riconosciuta da entrambe le parti;
·
la comunicazione verbale è quasi sempre legata a
quella non verbale spesso percepita in maniera inconsapevole che può tuttavia
avere un peso ancora maggiore per la determinazione dell'azione.
Come ogni interazione tra gli individui, il
processo di coaching è accentuato e caratterizzato dal gioco tra personalità
autoritaria ed amichevole, problemi e prospettive,
vicinanza e distanza, ordine ed istruzione, sostegno motivante e rimprovero.
Tutto ciò in un campo di tensione tra aspettative,
prese di posizione, speranze, ma anche delusioni, frustrazioni e paure.
STABILIZZAZIONE E MODIFICA
COMPORTAMENTALE
Nella formulazione del messaggio il coach deve disporre di una consapevolezza orientata verso i compiti e
non focalizzata sugli errori. Egli è tenuto ad acquisire relative conoscenze
nei settori: guida dell'individuo, comportamento legato alla guida
e metodi di guida (confronta HUG 1991).
Esempi:
Stabilizzazione del comportamento
·
Lodare? - "Sei stato proprio forte!"
·
Richiedere ancora di più? - "La prossima volta due serie in
più!"
·
Porre obiettivi più difficili? - "Un posto sul
podio!"
·
Dimostrare i meccanismi se farai.....succederà......?
- "Proprio così: se in questo caso fai..............devi anche
sempre...............!"
·
Porre delle domande? - Il motto è giudicare poco e domandare molto
(ma senza ironia!)
·
Sottolineare i fattori positivi? - "La tua decisione è stata proprio quella giusta!"
·
Stabilizzare attraverso ripetizioni ed
empatia consapevoli? - "Si! Così va bene! E
quindi: una volta non è una volta, due volte non è molto, solo alla terza volta
si sviluppa la sensazione giusta nella quale ti potrai sempre
identificare!"
Modifica del comportamento
·
Parlare degli errori (con aria di rimprovero)? - "Hai notato
che hai di nuovo......?"
·
Rimproverare o minacciare? - "Sempre la stessa stupidaggine!
Ancora una volta e farai tre giri di penalità!"
·
Critica a livello del rapporto? - "Se
continui a fare così, ti puoi cercare un altro coach!"
·
Formulare nuovamente il compito in maniera chiara? - "Stai
bene a sentire: il tuo compito consiste nel concentrarti sullo stacco...........!"
·
Stabilire nuovamente la tattica? - "Che
cosa vogliamo? Vogliamo migliorare in maniera mirata attraverso tre stazioni, e
senza alcun elemento superfluo!"
·
Porre accenti motivanti estrinseci o intrinseci? - Intrinseci:
"se riesci a concentrarti sempre in questo modo,
puoi star sicuro che ce la farai! La tua disponibilità a compiere degli sforzi
è la tua ricetta per il successo!" Oppure estrinseci: ancora tre corse
sotto i 25 secondi e riceverai un biglietto per la discoteca!"
·
Accentuare gli aspetti positivi? -
"Si! la tua spinta della gamba nello stacco era
ottima!"
Il
coaching quale sviluppo e controllo delle
"attribuzioni"
Il motivo attribuito dall'individuo alle sue
azioni è definito, nel linguaggio di settore, attribuzione. Il come ogni
singolo atleta si spieghi, in particolare, il successo oppure il fallimento ed
a quali fattori questi siano da lui ricollegati - a circostanze esterne oppure
interne - riveste un'importanza fondamentale per lo
sviluppo della personalità.
Il coach interessato ad un effetto della sua
attività anche pedagogica che trascenda dal solo
momento attuale, non dà agli atleti "un pesce per saziare la fame di un
giorno", bensì insegna loro a pescare - tutta la vita! -
(sapienza cinese), in modo che anche nelle situazioni future essi siano
all'altezza delle richieste poste. "Imparare a pescare" nel
nostro contesto può anche significare che la capacità
di superare le situazioni nelle quali si richiede un'alta prestazione è
strettamente correlata al grado di fiducia in sé stessi ed alla disponibilità a
compiere degli sforzi; un'adeguata importanza deve essere attribuita al
miglioramento di tale componente per la prestazione. Ciò significa che per il
coach è importante sapere quali strategie di attribuzione
applicano gli atleti nelle situazioni di riuscita e di fallimento (confronta
KIM 1995, pag. 117 e seguenti). La ricerca sulle attribuzioni ci insegna le relazioni tra fiducia in sé stessi, esperienze
di successo, sensazione di competenza, motivazione intrinseca, lode esterna,
modello positivo di attribuzione ed azione prestativa orientata verso
l'obiettivo.
In particolare nei bambini, è necessario
attribuire notevole valore alla capacità di elaborare in maniera autonoma il
successo e la sconfitta (cosiddetti risultati d'azione). La combinazione tra la
propria sensazione di incompetenza e l'attribuzione
esterna potrebbe intimorire i bambini ed indebolirne decisamente la motivazione
orientata verso la competenza.
KIM (1995, 117) sottolinea
inoltre che i bambini devono essere motivati ad un "superamento autonomo
dei compiti". Chi non attribuisce il successo al caso o ad altre
circostanze favorevoli, bensì alla propria capacità prestativa ed in
particolare alla propria disponibilità a compiere degli sforzi ha la
possibilità di crescere in un processo prestativo voluto autonomamente.
Una personalità matura si riconosce, tra l'altro, dal fatto che reagisce e riesce ad imporsi con successo contro le influenze di autorità esterne. Gli adulti si trovano sulla strada giusta quando non orientano la loro valutazione della prestazione esclusivamente secondo il risultato prestativo, bensì secondo il processo di superamento dei compiti.
Un buon coach conosce
il significato dello sviluppo e del controllo delle attribuzioni ed agisce in
conformità di ciò, in particolare nel settore giovanile e delle nuove leve. |
Guida
della motivazione
Anche la guida della
motivazione esercita un'influenza sullo sviluppo della personalità. Chi si
allena per amore dei genitori o dell'allenatore, prima o poi
interromperà la sua attività sportiva, incrementando la quota degli abbandoni
precoci. In particolare i bambini ed i ragazzi devono essere guidati in una
sempre maggiore interiorizzazione ai fini dell'autogestione di ciò che
inizialmente era stato dettato da un'autorità esterna.
Tuttavia è molto più semplice constatare in forma scritta tale fenomeno che
applicarlo alla pratica; sarebbe bello o meglio irreale pensare che il processo
di trasformazione da motivazione estrinseca ad intrinseca
funzioni premendo un pulsante.
Una possibilità di "imparare" tale
autogestione è data dall'autoaffermazione: "Mi alleno solo per me stesso,
perché mi piace avvicinarmi ai miei limiti. In competizione esprimo sempre il
mio meglio, perché desidero sapere di cosa sono capace. Se
ciò avviene mi reputo soddisfatto, indipendentemente dalla classificazione
raggiunta. Se qualcuno cercasse di costringermi ad
allenarmi, la mia gioia svanirebbe, poiché non mi alleno per gli altri".
Reframing
Una particolare forma di coaching psicologico è
rappresentata dallo stimolare al pensiero positivo.
Gli atleti sono guidati e messi in grado passo dopo passo
- anche in situazioni presumibilmente senza speranza - e sempre quando
rischiano di manifestarsi malumore, collera, frustrazione e rassegnazione, di
cercare nonostante tutto "il bicchiere mezzo pieno" e di evitare di
perdere il coraggio a causa della "metà vuota del bicchiere".
Il pensare positivamente è definito nel
linguaggio di settore anche reframing, ovvero
incorniciare. Con questa tecnica la situazione presumibilmente senza via di uscita è posta in un quadro di riferimento diverso, il
sistema attuale riconosciuto in un contesto nuovo per riacquistare speranza; a
questo riguardo è importante non cadere nel plausibile pericolo di un falso
abbellimento della situazione; il senso della realtà non deve andare perduto.
UN COACHING DI SUCCESSO
Credibilità
Interpretando il lavoro del coach quale
attività positiva e costruttiva, la caratterizzazione
delle sue azioni può essere espressa come segue:
·
Un coach credibile incoraggia e consolida, emana serenità, fiducia
ed un umore di base positivo.
·
Un coach credibile mitiga e tranquillizza, chiarisce e struttura, aiuta e sostiene, è convincente sotto tutti i
punti di vista e prende sul serio i propri atleti.
·
Un coach credibile ha un'immagine di sé positiva,
è un buon esempio ed una persona di riferimento; è altamente motivato,
ambizioso (ma non bramoso di fama), non è orientato verso l'esterno pur essendo
un esperto con competenze comunicative.
·
Un coach si distingue per una fiducia in sé
stesso realistica ed orientata verso l'obiettivo; pensa in maniera positiva e
trasmette forza.
·
Un coach credibile stimola e sprona con vigore, dissipa i dubbi e
rafforza, presenta obiettivi motivanti ed allettanti ed impartisce compiti stimolanti.
·
Un coach credibile presenta soluzioni di successo e dimostra come
le stesse possano essere realizzate, indica alternative
sperimentate e tatticamente intelligenti.
·
Un coach credibile è semplicemente presente e trasmette calore
interpersonale ed energia psichica.
La
comunicazione
Nella modalità di comprensione tra allenatore ed
atleta è necessario osservare quanto segue in relazione all'organizzazione
del coaching:
·
I segnali (codice del coaching) devono essere pregnanti: un
significato per ogni segnale.
·
I segnali devono essere informativi e concisi, mai ambigui.
·
I segnali per i diversi interventi devono essere chiaramente
distinguibili, ad esempio sulla base del tono di voce o del diverso momento. Un
feed-back positivo per il saltatore con l'asta in
seguito al riuscito superamento dell'asticella potrebbe ad esempio essere
comunicato durante la fase di volo, mentre l'atleta "scende dal cielo da
maestro".
·
I segnali devono essere positivi e
controllati dal punto di vista emozionale. Non dovrebbero essere carichi di
rimprovero e focalizzati sull'errore, bensì orientati verso il compito e
presentare un positivo carattere istruttivo.
·
I segnali dovrebbero essere formulati senza "non".
Esempi
Come
evidenziano gli esempi, i
suggerimenti relativi al coaching formulati in frasi con funzione di guida non
si differenziano di molto da affermazioni con forte accento psicologico:
·
"Accetta il nervosismo come qualcosa di completamente
naturale!"
·
"Ricordati che anche i tuoi avversari sono nervosi!"
·
"Accettati anche quando sei nervoso. Anche
io quale coach, accetto il tuo naturale nervosismo!"
·
"Non cercare di nascondere il tuo nervosismo, al contrario
parlane!"
In
stretta correlazione con la pratica
Il coach di successo è in grado di trasformare le
proprie conoscenze teoriche in azioni di rilievo per la pratica. In questo
senso egli sviluppa ed estrinseca una sensibilità di
fondamentale importanza: egli trasmette, in un momento favorevole per l'atleta
e quindi efficace ai fini dell'azione, quelle informazioni, indicazioni,
incentivi e suggerimenti individuali che contribuiscono all'ulteriore sviluppo
e quindi al successo dell'atleta.
·
Il coach di successo trasmette informazioni
tecnico-tattiche che si adattano all'ambiente individuale dell'atleta,
quindi anche alla forma giornaliera, considerando inoltre le particolarità del
momento. In tale contesto le informazioni devono
essere chiare e comprensibili, indicare alternative ed essere appropriate per
le condizioni di gara specifiche ed individuali.
·
Il coach di successo trasmette informazioni motivanti che
consentono di prepararsi in maniera (ancora) più mirata alla situazione ed
all'avversario. Egli richiama i programmi di successo, aiuta ad implementare la
tattica prefissata e contribuisce alla mobilizzazione
delle necessarie energie psico-fisiche.
·
Il coach di successo trasmette informazioni stabilizzanti il
comportamento che aiutano a dissipare quelle insicurezze dovute a dubbi su se
stessi. In questo modo la sensazione del proprio valore e la sicurezza individuale
possono essere nuovamente consolidate, fenomeno che si esprime in una
tranquillizzante sensazione di competenza.
·
Il coach di successo trasmette quelle informazioni con funzione di
guida che controllano l'intensità dell'intero
patrimonio energetico, contribuendo quindi a dosare in maniera ancora più
mirata e secondo la situazione il flusso energetico.
·
Il coach di successo trasmette informazioni rafforzanti il ritmo
che apportano impulsi decisivi.
·
Il coach di successo trasmette informazioni motivanti per
l'autoregolazione, che in presenza di disponibilità
alla prestazione non ancora ottimale, apportano impulsi determinanti.
·
Il coach di successo trasmette informazioni ben
misurate individualmente, necessarie a riconoscere le relazioni
riguardanti luogo e momento, decisive per l'azione.
·
Il coach di successo trasmette informazioni stimolanti
che, quali appelli individuali, incentivano all'utilizzo autonomo degli spazi
liberi. In tali spazi l'atleta può sviluppare varianti di soluzioni tattiche e
variazioni delle azioni di successo in modo che i programmi mirati possano
essere adattati in maniera flessibile alle situazioni.
·
Il coach di successo trasmette informazioni tecniche appropriate,
che grazie alla loro pregnanza permettono un sensato scambio informativo.
· Il coach di successo trasmette ripetutamente informazioni che approfondiscono le conoscenze sulle alternative di azione, contribuendo pertanto al diretto funzionamento dei programmi di successo.
Un coach non deve mai
porre in rilievo se stesso e quindi essere un elemento di disturbo. Il suo
compito quale esperto (LIPPENS 1995 a/b) consiste nel porre le sue conoscenze
relative alla scienza dell'allenamento e le sue
capacità pedagogiche al servizio di un'ottimizzazione della prestazione, nel
quadro della quale lo sviluppo della personalità assume un significato
centrale. |