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Alessandro CARTA
Diplomato ISEF – Allenatore di Base
LA PERSONALITA' DEL GIOVANE PORTIERE
Esperienza maturata durante
l'attività di preparatore dei portieri nei settori giovanili della Lodigiani
Calcio e della S.S. Lazio
Nel ruolo del portiere la personalità rappresenta uno degli aspetti più delicati e maggiormente condizionanti la prestazione sportiva. Tale peculiare qualità individuale, appare ancor più determinante per la realizzazione del giovane portiere.
Si definisce personalità "l'insieme delle caratteristiche biologiche, psicologiche e sociali che individuano una persona nel suo modo unico di reagire alle diverse situazioni ambientali"; "un costrutto teorico estremamente complesso che reagisce unitariamente a stimoli proprio ed esterocettivi e che si forma in virtù dell'interazione continua fra la dotazione biologica (ereditaria ed acquisita) e l'ambiente in cui si situa" (A. Fabi); "quell'insieme di azioni, pensieri e sentimenti che è caratteristico di un individuo" (Honigman).
Il termine focalizza la sua attenzione sull'individuo, considerato concretamente nelle sue interazioni con le varie dimensioni socio-culturali; un individuo ha alcune caratteristiche costituzionali, culturali e sociali che sono uniche: non esistono due individui che percepiscano la realtà in maniera perfettamente identica; ma l'individuo tende ad assumere determinate caratteristiche peculiari alla sua famiglia, al suo sesso, alla sua età, al suo gruppo di lavoro...Gli uomini, inoltre, indipendentemente dal loro particolare gruppo socio-culturale, hanno dimensioni di personalità caratteristiche dell'intera specie umana; come esempi di questi "universali" della personalità possiamo citare la capacità di apprendere, il bisogno di interagire con i membri del proprio gruppo, la capacità di scegliere, di creare, di prendere decisioni individuali in relazione all'ambiente socio-culturale in cui vive.
La personalità consta di più aree: l'intellettuale, la sociale, l'affettivo-emotiva e l'organica, tutte in stretta relazione e interdipendenza fra loro; lo sviluppo di una, condiziona quello delle altre "in un continuo processo di differenziazione, affiancato da un continuo processo di organizzazione e gerarchizzazione"; inoltre, l'evolvere della personalità non avviene per ampliamenti successivi o semplici addizioni di funzioni, ma per continua ristrutturazione, attraverso passaggi consecutivi da un sistema ad un altro più complesso ed evoluto, e mediante le interazioni funzionali tra le aree della personalità.
In psicologia il termine si è andato affermando negli anni trenta, particolarmente negli Stati Uniti, ad opera di alcuni studiosi fra i quali G.W. Allport e Murray. In precedenza per indicare concetti analoghi, si preferiva riferirsi al "carattere" (che implicava, però, un maggiore accento sulle caratteristiche morali e sociali) o al temperamento (che a sua volta implicava un maggior accento sui rapporti tra caratteristiche psicologiche e biologiche). I concetti di carattere e personalità sono affini ma non identici, il termine carattere è oggigiorno ancora preferito a quello di personalità, con un significato pressoché identico in alcuni paesi europei, come la Germania, ove si tende a identificare il carattere con il cosiddetto "nucleo centrale della personalità in base al quale l'uomo agisce e giudica con responsabilità".
Con il termine personalità si è voluto sottolineare il passaggio da una concezione della psicologia prevalentemente nomotetica, tesa cioè a studiare delle leggi generali valide per tutti gli uomini, ad una psicologia idiografica, tesa invece allo studio del singolo individuo e delle cause che fan sì che ogni individuo differisca dagli altri.
Le difficoltà relative ad una definizione specifica di personalità derivano dalla difficoltà di
inquadrare unitariamente le varie teorie sulle tipologie della personalità:
· Ippocrate distingueva le varie tipologie della personalità in "collerici, sanguigni, melanconici e flemmatici";
· Jung suddivide le persone in "estroversi ed introversi";
· Jaensch pone in contrapposizione "integrati e disintegrati".
La complessità dell'argomento appare evidente, ma assai più straziante è sentire ancor oggi termini impropri e definizioni sancitorie su giovani portieri, quali ad esempio: "non ha carattere", oppure "è senza personalità"; ogni individuo ha un suo carattere (nucleo centrale della personalità) ben definito, ed una personalità ben distinta dagli altri: si tratta eventualmente di verificare se tale personalità può essere adatta al ruolo o, meglio, essere aiutata ad adattarsi al ruolo del portiere.
Lo scopo dell'insegnante/educatore è principalmente quello di aiutare l'allievo a evolvere correttamente tutte le aree della personalità, attraverso anche una personalizzazione degli interventi educativi. Particolare attenzione meritano gli allievi in età puberale; nella pubertà in effetti si compie il distacco o la presa di distanza dall'autorità dei genitori, e per converso si assiste alla ricerca di nuovi modelli e di figure di sostituzione. E' qui che si situa, appunto, la figura dell'allenatore, dell'insegnante o del dirigente, così importante non solo per la scelta sportiva, ma come figura di relazione in grado di instaurare un rapporto di calore e di comprensione con il giovane. In tale ottica il ruolo del preparatore specifico rappresenta per il giovane portiere il primo punto di riferimento tecnico e relazionale, in grado di aiutare l'allievo nei momenti di difficoltà e di sollecitare la spinta motivazionale verso il miglioramento e l'adattamento della personalità.
In particolare il preparatore dei portieri non deve avere la pretesa di voler riuscire a cambiare a tutti i costi la personalità del ragazzo; egli, come detto, rappresenta un universo già scritto di caratteri ereditari e di esperienze familiari e socio-culturali; rimane, peraltro, un ampio margine di influenza ambientale che il preparatore potrà dedicare per mutare il comportamento e/o la prestazione sportiva del giovane portiere; attraverso l'esperienza vissuta, tramite consigli pratici ed immediati, l'allievo apprenderà l'arte della pazienza, della serenità interiore, della consapevolezza dei propri limiti che significa soprattutto conoscenza dei grandi mezzi a sua disposizione.
Insegniamo, dunque, al giovane portiere a comunicare con i suoi compagni di squadra:
· insegniamogli ad usare un giusto timbro vocale, in grado di trasmettere sicurezza al reparto difensivo;
· a farsi "rispettare" dagli avversari (nessuno potrà mai giudicarci inferiori se non siamo noi a permetterglielo);
· ad aver coraggio (il coraggio fa sempre vincere).
Il compito del preparatore dei portieri deve andare al di là del semplice insegnamento tecnico; egli ha a disposizione un materiale umano di enorme valore, plasmabile sotto certi aspetti ma, in quanto tale, di estrema fragilità. Il preparatore dei portieri, in quanto educatore, deve integrarsi con le altre figure parentali partecipanti alla vita affettiva e sociale del giovane portiere: i genitori, il mondo scolastico, l'allenatore della squadra di riferimento...; per meglio comprendere la personalità del ragazzo deve conoscere lo status familiare in cui vive, il tipo di studi che frequenta, la musica che ama ascoltare, i libri che predilige.
Il giovane portiere deve essere aiutato ad avere fiducia in sé stesso, egli deve essere consapevole di potercela fare, egli deve credere nei miracoli: "poiché crede nei miracoli, i miracoli cominciano ad accadere" (Paulo Coelho).
BIBLIOGRAFIA
SOTGIU P.-PELLEGRINI F., Attività motorie e processo educativo, SSS Roma;
RAMELLO A., Campione Perché, BBE;
Il Nuovo Galileo, UTET.